4 segni premonitori che, quando hanno iniziato a lampeggiare simultaneamente, hanno portato i mercati a perdere il 20%, sempre, negli ultimi 45 anni. Statisticamente un dato interessante. Oggi lo stanno rifacendo.
4) Aspettatevi fino al 20% di declino sull’S&P500
Voce che gira da tempo e che vede nell’autunno il periodo più probabile (sebbene qualcuno si azzardi ad anticipare la data a settembre). A cambiare, inoltre, anche le percentuali che vanno da una perdita tra il 13% e il 20% per l'S&P 500 e anche un 30% sul Russell. Cifre notevoli? Non se paragonate con la media di perdite che si verificavano di norma quando i tre indicatori erano ormai lampeggianti da tempo come in questo caso: allora si parlava del 38%. Il motivo per cui questa volta “sarà diverso” (ma solo intendendo con questo una perdita leggermente inferiore) resta sempre lo stesso: la Fed è più propensa del passato a intervenire nuovamente per fornire sostegno. Il che potrebbe essere di per sè un'aggravante.
3) Meno titoli in fase Toro
Proprio mentre l’S&P continuava a segnare record storici, uno dopo l’altro, la percentuale dei suoi titoli che potevano dirsi all’interno di un mercato Toro diminuiva drasticamente passando da 82% all'inizio di luglio a 50%nel giorno in cui l’S&P ha toccato il suo massimo storico. E ancora, il Russel 2000, l’indice dedicato alle small cap, continua a perdere, evidenziando prima di tutto un tasso più veloce di declino rispetto al Dow, all’S&P 500 e al Nasdaq e quindi, di conseguenza, come esistano forti divergenze tra i vari settori del mercato. Guardando ai singoli titoli 2 grandi, Apple (NasdaqGS: AAPL - notizie) e Facebook (NasdaqGS: FB - notizie) , protagoniste dell’hitech, settore peraltro in potenziale pericolo, vedono un +30% per quest’anno.
2) Eccessivo entusiasmo rialzista
Divergenze estreme tra i settori di mercato si stanno registrando da tempo, mentre le azioni hanno visto la loro peggiore settimana dell'anno dopo una forte sopravvalutazione nata sulla base di misure come rapporto prezzo/utili. Intanto i tori sono una specie fin troppo prolifica a Wall Street con un dicembre che ha fatto segnare addirittura il 60% di bullish, percentuale che si è mantenuta pressocchè stabile fino all’ultimo dato di mercoledì a quota 56%, livelli ritenuti di pericolo dall’Investors Intelligence. Ma i grandi capitali si sono da tempo spostati altrove, pronto per la tempesta dei tassi in rialzo. Non si tratta di una situazione imminente, certo, ma è risaputa e ogni giorno i dati macro la confermano. Da qui la possibilità di un selloff in arrivo, ma non di una situazione di panico proprio perchè è notizia ormai scontata da tempo. Purtroppo sono proprio le reazioni del mercato in una situazione di cambio della direzione che potrebbero preoccupare: dopo una settimana negativa per Wall Street adesso arriva facilmente la possibilità di un rimbalzo. Ma gli stessi operatori sono dubbiosi e divisi dal momento che se una dato non rispetta le previsioni, le revisioni dei precedenti possono essere interpretate come segni positivi e quindi “sopperire” o cambiare al direzione che, presumibilmente, potrebbero prendere gli investimenti.
1) Emergenti contrastanti
Considerazione a parte per gli emergenti visto che non tutti li considerano dei parametri affidabili. Uno degli aspetti più sorprendenti del default dell’ Argentina è il fatto che non abbia impattato sui mercati. Passi per quelli occidentali che ormai superano ogni ostacolo, sperando di non doversene pentire, ma nemmeno per i suoi vicini emergenti. Segno questo sia della presenza ancora cospicua della (troppa?) fiducia sulle politiche economiche, ma anche della divergenza tra le economie in crescita, i famosi emergenti e tutti i simili che gli si affiancano. Ma è tempo per essere definitivamente bullish su questo settore? Guardando sul lungo termine la Cina potrebbe non andare oltre una crescita del 3,5 nel 2020, ma con le riforme (si spera) le cose potrebbero cambiare. Lo stesso dicasi per l’India che vede nel cambio di governo l’unica speranza possibile. Senza contare i disordini civili nelle varie potenze del futuro, come il Brasile insegna, seguito a ruota dalla Nigeria, potenza economica africana ma che non trova pace ormai da decenni. Troppe variabili rischiano di far saltare tutto. Ma noi italiani più di tutti dovremmo sapere che le promesse di rinnovamento possono sostenere la fiducia fino a un certo punto. Dopo occorrono i fatti.
(Fonte: it.finance.yahoo.com)
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